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Politica: chi è “dentro” le istituzioni e chi è “fuori”?

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Se ne è parlato tanto nel femminismo italiano, sullo stare dentro le istituzioni o su invece starne fuori, e soprattutto se ne parla nel movimento anarchico e libertario da quando essi esistono, sviluppandosi nel tempo la critica alla forma STATO come struttura di alienazione e controllo dei e sui cittadini.
Diciamolo chiaramente, ripetiamolo: il discorso odierno sulla “Casta” non dice niente di nuovo di quello che nei secoli si è detto. Lo sclerotizzarsi delle forme di potere è comodo perché sussume la tendenza alla delega e alla passività, anche quella attiva (cioè quella di chi dice o crede di “ordinare” a qualcun’altro di agire qualcosa, di realizzare un disegno).
Il discorso anarchico e libertario sulla delega è di certo troppo raffinato in tempi in cui sembra “rivoluzionario”  il discorso grillino sui compensi ai politici, discorso solo amplificato dalla recessione che rende appetibile la spinta al taglio più che reali intendimenti paritari tra cittadini. Il cittadino e la cittadina, cioè dovrebbero vedere nel delegato, nella persona che dà il suo tempo per il confronto politico istituzionale, la redazione di regole e la loro attuazione, una persona che mette il suo impegno per attuare linee dettate dalle assemblee cittadine. Un sistema complesso di momenti e deleghe, che diventa sempre più complesso quando il confronto deve attuarsi tra molte persone e molti interessi.
Il concetto di RETE, insomma, non è neanche esso esente da difetti, nel momento in cui alcuni nodi di questa sono troppo attivi rispetto ad altri, o si interrompe il flusso delle informazioni.
Anche il delirio, perché altrimenti non potremmo chiamarlo, di Casaleggio et c. sulla democrazia digitale, è solo una forma applicata alla politica della condivisione internet di progetti ampiamente praticata, che però è ridicolo voler applicare in toto alla politica, ad un ambito cioè in cui sono interessi concreti e potere a doversi confrontare, per i quali non si può prescindere dal contatto reale, pratico e continuo, e dalla sedimentazione della esperienza nei vari ambiti: dagli interessi e le pratiche sui luoghi di lavoro, nei luoghi della salute, in quelli della educazione eccetera. Non si può cioè delegare a un insieme di “opinioni” espresse con un televoto il contatto con le forme reali delle necessità umane e delle espressioni umane, compresi i diritti.
La pratica della “maggioranza” che decide sui diritti, ad esempio, è pratica che porta alle forme del nazionalsocialismo, per cui è l’ipotetica ‘unanimità della stirpe’ che decide sui diritti umani e civili. E’ invece, perlomeno, conquista democratica il principio che tutte le minoranze hanno diritti a prescindere dalla sensibilità della maggioranza, e che i diritti non sono o non dovrebbero essere patrimonio del 100% delle persone prima di essere applicati. Altrimenti ci ritroveremmo (e, oddio… ci ritroviamo), a discutere sul diritto a rifiutare cure invasive, al riconoscimento legale delle coppie di fatto, alla cittadinanza, alla interruzione di gravidanza et c.
Una democrazia digitale, quindi, che illude tutti della loro partecipazione alla “politica”, diviene gioco disabituato alla comprensione dell’altro quando si esprime con parole e modi astratti in omaggio alla “massa”.
Il discorso sullo “stare dentro” la politica, è spesso usato in maniera retorica in questi giorni anche da chi, abituato a vivere dentro un partito,  e avendo assunto tanti incarichi istituzionali  in questi anni, ora si sente ingiustamente criticato per la sua appartenenza a un sistema politico fradicio, corrotto, ormai votato all’ipocrisia più pura come sistema di potere al servizio delle lobby capitaliste sia finanziarie che industriali e commerciali.
Noi invece, donne e uomini dei movimenti, rispondiamo alla facile accusa di irresponsabilità, ricordando le tante volte in cui abbiamo chiesto alla politica “istituzionale” il confronto continuo e aperto su tanti temi che invece venivano trattati dall’alto senza più rispondere alle esigenze dei cittadini e dei territori.  Le tante volte che siamo stati lasciati fuori dalle porte di quelle che molti comitati hanno chiamato “le segrete stanze”, le tante volte che siamo stati tenuti fuori dalle consultazioni, o costretti a ricorrere ai Tribunali per far applicare con correttezza leggi che già c’erano.
La sudditanza della sinistra marchigiana agli interessi nazionali, che volevano la nuova alleanza democristiana tra PD e Udc, il voltafaccia dei burocrati regionali con compiacimento dei politici, e addirittura il costituirsi legalmente degli Enti pubblici, contro i cittadini, nella Aule di giustizia, con avvocato pagati con soldi pubblici.
Non siamo cioè noi dei movimenti (quello per l’acqua pubblica, per Rifiuti zero, per il paesaggio, per una diversa programmazione logistico-economica dei presidi sanitari) a voler stare FUORI dalle istituzioni, sono i poteri forti a volerci tenere ai margini, non siamo noi ad essere “irresponsabili” ma coloro che decidono senza più voler tenere conto della volontà popolare espressa sul territorio ove si vive.
Sappiamo bene noi stessi come è facile “criticare chi fa”, o “dire NO”, senza però avere proposte alternative e senza scontrarsi con la realtà della attuazione di una ALTERNATIVA. Per questo ci serve una critica serrata al leaderismo nei movimenti e abbiamo bisogno di approfondire la nostra conoscenza del governo dei territori stessi. Queste due esigenze…salvifiche, si scontrano con la realtà del maschilismo nel nostro Paese, della voglia di leaderismo e di voci forti, anche se blateranti, e con la devastante altra realtà della mancanza di possibilità per i cittadini di accedere a dati VERI (per primi i BILANCI) che diano finalmente la visione dello stato di salute e possibilità di governo delle Polis. Il ri-governo delle città e dei territori riparte dal fare i conti, e dal mettere al primo posto la politica non delle grandi masse del televoto ma dei bisogni e dei desideri.

Francesca Palazzi Arduini

vedi anche:
Animus a Anima, Beppe e Maria tra Jung e Collodi, su Nazione Indiana.
Berlu is a virus su A rivista anarchica.
Rovesciare la piramide della politica su Rimarchevole.

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Questa voce è stata pubblicata il Maggio 11, 2013 da in piano nobile, politica locale con tag , .