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Fratelli d’Italia… contro le sorelle!

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Ancona – “Non è ammissibile che l’Inno Nazionale venga utilizzato per una pubblicità – dichiara il consigliere regionale Pdl Giancarlo D’Anna-
dopo aver ascoltato alla televisione la pubblicità di una nota ditta che produce calze da donna. D’Anna, che ha aperto alcune settimane fa un gruppo su Facebook a difesa di Fratelli d’Italia che ha superato le 3.000 adesioni, contesta l’utilizzo dell’Inno per fini meramente commerciali che niente hanno a che vedere con i valori, i sentimenti ed il significato insiti nell’Inno Nazionale. «Più che una caduta di stile – dice D’Anna – è un’offesa». Di qui l’invito da una parte a ritirare la pubblicità. Dall’altra un provvedimento che vieti un tale utilizzo in futuro.”
13 ottobre 2009

 Questo è lo spot pubblicitario che ha fatto indignare il consigliere regionale An, Giancarlo D’Anna.
http://www.youtube.com/watch?v=n91TpXTIBv4

Diciamolo, si tratta del nuovo spot della ditta Calzedonia, intitolato Sorelle d’Italia, che termina con una voce di donna che recita “Il futuro è rosa”.

La parodia, decisamente di buon gusto è del tutto eterosessuale e/o matriarcale (le bimbe si sprecano), e corredata da un certo Scipio che porge il casco del motorino a Italia. Si tratta di un Inno di Mameli “cool”, che anche se impegnato a farci piacere le calze di questo marchio, non può essere certo definito “illecito”! Con tutte le offese e le volgarità che noi donne quotidianamente subiamo, e gli spot pubblicitari che ci presentano come delle idiote (o al massimo stitiche, oppure avete presente quello nel quale due tipe neanche 50enni si lamentano perché si pisciano addosso e puzzano in ascensore? )… oltretutto.

 Che l’Inno di Mameli non possa essere re interpretato è una opinione che va contro l’espressione culturale ed artistica delle persone. Che in una società che cambia (dal 1847 è cambiata di sicuro), la presenza femminile debba essere ricordata anche dagli spot pubblicitari intelligenti è sicuro. Forse  il signor D’Anna vuole rendere così sacro e intoccabile l’Inno tanto da decretarne il divieto di uso  più per altre necessità, come la tutela di quell’alone di nazional virilità – italico orgoglio che, per fortuna, adesso deve accorgersi che esistono anche altre sensibilità ed un’altra metà (anzi di più) del cielo. Beh…perlomeno da quando Veronica Lario ha descritto con agili e brevi frasi la situazione morale del prèmier (e non è stata denunciata per vilipendio! Si sono limitati a tentare di sputtanarla via mass media). Una storia di “veline” e di veline.

 In questi giorni, mentre i cattolici oltranzisti, come il direttore di Scienza e Vita, Delle Foglie, difendono in pratica la libertà di aggredire e offendere gay e lesbiche senza incorrere in un reato aggravato (la proposta di legge contro l’omofobia infatti non è passata), non dobbiamo stupirci di queste levate di scudi contro altri “reati di opinione” ipotizzati su basi inesistenti.

Il gioco è questo: chi è debole e in minoranza può essere tartassato, i loro simboli, gli scudi ed i candelabri di casa loro invece guai a toccarli con un dito!

 Così in Italia non c’è ancora l’aggravante, il reato di omofobia, che invece dovrebbe andare, come nel resto d’Europa, ad aggiungersi alla lista di altre specificità da difendere con forza (il colore della pelle, il sesso, la religione…). Questo significa che se qualcuno vi offende o perseguita per le vostre scelte sessuali NATURALI può farlo senza rischiare aggravanti ma al massimo una denuncia per ingiurie, o un reato per lesioni (tutti depenalizzati).

Del resto non possiamo aspettarci modernità e rispetto da chi ancora ha una visione dei gay e lesbiche da patologia.

Nel 2006 lo Stato italiano ha introdotto delle modifiche alle categorie e alle penalità per i cosiddetti “reati di opinione” (legge n.85 del 24 febbraio 2006). Sono stati modificati alcuni articoli (dal 241, al 290 –vilipendio alla Repubblica ed alle istituzioni-, al 403, che è diventato “offese ad una confessione religiosa”). Ciò è stato fatto per aggiornare il codice penale alla realtà attuale. Alcune pene sono state mitigate, le offese sono state definite col carattere della gratuità e della violenza.

Ma certa violenza, caratterizzata da odio per un genere sessuale differente, non può avere ancora in Italia il riconoscimento di indegnità. Insomma, vale più una bandiera …di una  qualsiasi sorella Bandiera.

Dada Knorr